Le statistiche più recenti confermano ancora una volta che l’inglese sia la lingua più diffusa al mondo, utilizzata da 1,5-2 miliardi di persone. Bisogna sottolineare però come la stragrande maggioranza di queste utilizzino l’inglese come seconda lingua: infatti, solo 360 milioni di persone sono anglofone dalla nascita. Il dominio dell’inglese come lingua veicolare si estende anche all’etere: circa il 60% del contenuto di Internet nei primi 10 miliardi di siti più utilizzati è in inglese. La seconda lingua più utilizzata è il russo, ferma a solo l’8%.
Queste cifre danno da pensare: vale ancora la pena di investire nei servizi di interpretariato, traduzione e localizzazione per creare contenuti adatti al pubblico dei vari Paesi non anglofoni? Dopotutto, se 2 miliardi di persone parlano comunque l’inglese, che senso avrebbe?
La risposta rimane comunque sì, al 101%. Lasciate che vi spieghi perché.
Come abbiamo detto, sono circa 2 i miliardi di persone che parlano inglese, ma se ci affidiamo a questa stima, allora sono 1,7 i miliardi di non madrelingua: ciò significa che l’inglese non è la loro lingua madre e possiedono dunque diversi livelli di abilità in base alle varie competenze del parlato, dell’ascolto, dello scritto e della produzione orale.
Queste competenze potrebbero inoltre non solo essere varie, ovvero una persona potrebbe essere in grado di sapere leggere un testo, ma avere grosse difficoltà nell’ascolto, ma anche specializzate: il livello d’inglese potrebbe essere dunque sufficiente a partecipare a una riunione di lavoro nel proprio settore specifico ma risulta insufficiente in altri ambiti, così come potrebbe essere sufficiente a sostenere una conversazione generale ma limiterebbe notevolmente la partecipazione a una conferenza internazionale o le capacità di scelta al momento di un acquisto.
Come riporta uno studio sull’e-commerce svolto dal Common Sense Advisory, il 72% dei consumatori afferma di passare tutto o la maggior parte del proprio tempo visitando siti con contenuti nella propria lingua madre. Sempre il 72% dei partecipanti afferma di essere più propenso a effettuare un acquisto di un prodotto le cui informazioni sono disponibili nella propria prima lingua.
Il 56%, quindi più della metà, afferma che la disponibilità delle informazioni nella propria lingua madre è più importante rispetto a fattori come il prezzo del prodotto stesso. Ma non finisce qui: dal sondaggio svolto da Gallup sulle preferenze linguistiche degli utenti di Internet in 23 Paesi UE emergono informazioni importanti.
Se consideriamo questi dati alla luce del fatto che il 75% dei cittadini europei non è in grado di capire l’inglese in maniera sufficiente da seguire un notiziario in lingua, risulta evidente come la traduzione, la localizzazione e l’interpretariato siano servizi vitali per chi vuole raggiungere un pubblico più ampio ed eterogeneo, oppure affermare la propria presenza in un Paese estero.
Cosa comportano dunque queste osservazioni se ci focalizziamo sul mercato italiano?
L’italiano, assieme al giapponese, all’inglese, al francese, al tedesco e al russo, è tra le lingue verso cui si traduce di più. Al momento, il 2,1% dei contenuti di Internet* è in lingua italiana. Questi due dati testimoniano che esiste una richiesta di contenuti in italiano e che la popolazione del Belpaese preferisce, come le controparti europee, leggere nella propria lingua madre. Questa preferenza nasce anche dalla scarsa diffusione dell’inglese tra gli italiani, almeno a livelli sufficienti da permetterne un utilizzo moderato: l’Italia occupa infatti la 21esima posizione nella classifica dei paesi europei per conoscenza dell’inglese e 88esima nel resto del mondo secondo l’indice di competenza di lingua inglese di EF. La conoscenza dell’inglese degli italiani si attesta a livelli così bassi da limitarne negativamente le possibilità di carriera: il 54% della fascia tra i 20 e i 45 anni afferma di aver perso un’opportunità di lavoro per via delle proprie competenze insufficienti per quanto riguarda l’inglese.
Stando ai dati dell’Eurobarometro, sono 17 i milioni di italiani a utilizzare l’inglese come secondo lingua, senza però fornire il metro di riferimento utilizzato per definire l’utilizzo di questa lingua come “seconda”.
I numeri parlano dunque chiaro: l’inglese, non è sufficiente a soddisfare le preferenze e le necessità di un pubblico sempre più mondiale. Seppur diffusa, la lingua di Sua Maestà difficilmente riuscirà mai a scalzare le varie lingue madri dal trono delle preferenze del pubblico.
Ecco dunque che accorrono in aiuto la traduzione e l’interpretariato, trasformando i contenuti inglesi in informazioni pertinenti e fruibili dai vari lettori e portando ulteriori profitti nelle casse dei clienti. L’Italia non fa eccezione, anzi: il nostro Paese è proprio uno di quei mercati dove l’adattamento dei contenuti (scritti e orali) risulta essenziale per poter comunicare efficacemente con una fetta predominante del mercato dei consumatori.
* Nei primi 10 miliardi di siti più utilizzati.
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